Capolavori neolatini
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 270, p. 3
Data: 13 novembre 1955
pag. 3
Conosco solamente tre opere in musica dove non c'è nulla da buttar via dove non troviamo pause di stanchezza, zone grigie di recitativi banali, borra e zavorra di luoghi comuni, raccordi e zeppe di stracco mestiere, dove tutta la partitura, dalla prima all'ultima battuta, è scintillante di spirito, di brio, di sentimento, di schietta e ricca ispirazione.
Queste opere sono: il Don Giovanni di Mozart, Il Barbiere di Siviglia di Rossini, la Carmen di Bizet. Sono opere di giovani e sembrano destinate a una giovinezza immortale. Sarebbe troppo lungo discorso esporre tutte le ragioni e le prove di questa mia opinione o, piuttosto, predilezione di profano. Voglio soltanto accennare a uno strano legame che accomuna questi tre capolavori e che forse non è solamente esteriore.
Il Don Giovanni ha un tema spagnolo, verseggiato da un librettista italiano e musicato da un tedesco che era, almeno per la musica di teatro, di formazione italiana. Il Barbiere di Siviglia ha pure un tema spagnolo ma immaginato da una fantasia francese e musicato da colui che tra i musicisti italiani può essere detto l'italianissimo. La Carmen ha anch'essa un argomento spagnolo ma Bizet lo trasse dalla famosa novella di Mérimée. Anche di Bizet si può affermare che risentì l'influenza del melodramma italiano soprattutto durante il suo soggiorno a Roma.
Parrebbe che il segreto per creare un'opera senza cascami nè scorie sia questo: una favola spagnola, musicata alla maniera italiana o francese. Naturalmente la formula è ingenua fino alla ridicolezza ma rimane il fatto visibile e inoppugnabile che questi tre capolavori sono frutti succosi di quelle civiltà neolatine che si affacciano sull'azzurro calore del Mediterraneo, che sono figlie della collaborazione tra il mito spagnolo, lo spirito francese e la felice potenza dell'estro italiano.
◄ Indice 1955
◄ Corriere della Sera
◄ Cronologia